Le saghe fantasy e di fantascienza sono piene di storie di ribelli che eroicamente combattono contro un sistema oppressivo per far trionfare la giustizia e la libertà. Ma quando la ribellione è un evento storico, che comporta azioni dalle conseguenze irreversibili e vittime vere, merita una narrazione che tenga conto della complessità del reale e che metta a fuoco sia gli aspetti eroici che quelli oscuri delle gesta dei protagonisti. Boxers e Saints sono i due graphic novel in cui Gene Luen Yang fa dialogare la leggenda e la realtà di una ribellione che ha segnato la storia della Cina: la Rivolta dei Boxers, combattuta dai membri delle scuole di kung fu.
Chi erano i Boxers? Breve recap
Alla fine del XIX secolo la Cina visse un momento storico particolarmente delicato e drammatico. Dopo aver subito pesanti sconfitte nelle guerre dell’oppio e nella prima guerra contro il Giappone, era diventata terra di conquista degli europei, in particolare inglesi e francesi. Gli stranieri si appropriavano di risorse preziose, rubavano ricchezze che non appartenevano loro e maltrattavano la popolazione locale, godendo di una totale immunità dal momento che il governo imperiale non era in grado di garantire la giustizia. La religione cristiana, che gli europei portarono con sé, divenne per gli occupati un ulteriore segno di questa invasione.
Nel 1899, in difesa della popolazione cinese che subiva continui soprusi, sorse un movimento spontaneo di opposizione agli occupanti stranieri che partì dall’unica categoria che aveva mezzi per difendersi, i membri di alcune scuole di kung fu. Per l’affinità di queste arti marziali con la “nobile arte del pugilato” (che proprio qualche decennio prima si era data delle regole e aveva acquistato un certo prestigio sociale in Occidente) e per il fatto che i ribelli si facevano chiamare “Società del Pugno Retto e Armonioso”, il movimento venne ribattezzato dagli storici occidentali Rivolta dei Boxers.
Anche se l’obiettivo dei Boxers era liberare la Cina dagli stranieri, le vittime dei loro attacchi furono soprattutto cinesi convertiti alla fede cristiana. La rivolta stessa si concluse con un bagno di sangue innocente: nel 1901 Pechino fu assediata dai Boxers e poi “liberata” da un esercito composto dai contingenti di otto paesi occidentali (tra cui anche il Regno d’Italia). Il risultato furono migliaia di vittime civili, giustiziate dagli occupanti con il pretesto di annientare i Boxers. Al termine dell’operazione, l’imperatrice fu obbligata a versare una fortissima indennità di guerra agli occupanti stranieri. Fu l’ennesima umiliazione che minò l’autorità del governo imperiale e preparò la strada alla sollevazione popolare che pochi anni dopo, nel 1911, portò alla proclamazione della repubblica.
Pur non essendosi conclusa con una luminosa vittoria, la Rivolta dei Boxers è un evento entrato a far parte della cultura di massa cinese. Raccontato in modo romanzato, è spesso citato in molti film di genere wuxia (storie in costume ricche di combattimenti spettacolari e acrobatici), soprattutto in quelli prodotti dallo Studio Shaw (la produzione cinematografica di Hong Kong che ispirò Quentin Tarantino per Kill Bill).
Boxers & Saints, i graphic novel
I due graphic novel di Gene Luen Yang Boxers e Saints cercano di dare una ricostruzione storica onesta e fedele della Rivolta dei Boxers unendo due punti di vista differenti. Boxers ha per protagonista Bao, un ragazzo che comincia a praticare il kung fu dopo che un sacerdote cattolico prima e dei soldati stranieri poi stravolgono la vita del suo villaggio e della sua famiglia. Allenandosi con impegno e padroneggiando un rituale, diventa l’incarnazione di uno spirito violento e combattivo che lo sprona a diventare lo spietato leader della ribellione contro gli stranieri allo scopo di difendere e riunire il paese.
Saints racconta la storia di Ragazza-Quattro, una giovane cui la sua famiglia non ha neanche dato un nome perché convinta che porti sventura. Definita un diavolo vivente, trova pace soltanto nella religione dei “diavoli stranieri”, la fede cristiana, e nell’affetto di un agopuntore che la accoglie e la tratta come una figlia. Entrando in questa comunità, con il battesimo, assume finalmente un nome, Vibiana. Mentre gli attacchi dei Boxers mettono in pericolo tutte le cose e le persone a cui tiene, la ragazza ha delle frequenti visioni in cui una ragazza bionda e guerriera la invita ad assumere un ruolo importante: difendere e riunire il paese.
Bao e Vibiana hanno lo stesso obiettivo, ma procedono in direzioni diametralmente opposte. Ecco perché i loro destini non possono che scontrarsi.
Il primo imperatore e la pulzella d’Orléans
Oltre a ricostruire con estrema efficacia il contesto storico della Cina della fine del XIX secolo, Boxers & Saints traccia il ritratto di due personaggi storici celebri rispettivamente nella storia della Cina e in quella europea.
Il primo è Ch’in Shih-huang, che ordinò la costruzione della Grande Muraglia Cinese e dell’esercito di terracotta, realizzato per vegliare la sua tomba a Xi’an. Vissuto nel III secolo a.C., Ch’in Shih-huang si autoproclamò primo imperatore della Cina poiché riunificò sotto il suo pugno di ferro i vari regni in cui il paese si frammentava. Antepose la ragion di stato a qualsiasi altra cosa, e non si preoccupò di bruciare biblioteche o trucidare persone pur di raggiungere i suoi obiettivi. In Boxers, l’imperatore è il simbolo di una determinazione assoluta e disumanizzante, capace di trasformare una buona causa in un’impresa sanguinaria degna solo di condanna.
Il secondo personaggio è Giovanna d’Arco, la giovanissima contadina francese che, ispirata dalla fede, guidò contro gli invasori inglesi le truppe del re di Francia Carlo VII, fu poi da questi ignorata e bruciata come eretica nel 1431. In Saints la parabola della giovane, osannata come guida e poi processata da un tribunale ecclesiastico proprio per quella fede che la ispirava, sostenuta dal re fintanto che era utile e poi abbandonata al suo destino una volta compiuta la missione, diventa metafora della condizione femminile in una società misogina, nella quale ogni tentativo di autodeterminarsi e guadagnarsi un posto nel mondo viene punito nel modo più amaro e severo.
Due facce di una stessa storia
I graphic novel Boxers e Saints raccontano due culture che si scontrano ma che, pur nella loro apparente inconciliabilità, costituiscono l’identità di molte persone, per esempio lo stesso autore, Gene Luen Yang, che è di origini cinesi e di fede cattolica.
Che la cultura e la religione siano dei tasselli importanti su cui ognuno costruisce la propria identità, è un’idea particolarmente cara all’autore, che l’ha esplorata sia in un lavoro autobiografico come American Born Chinese, sia nella saga fantasy di Avatar – The Last Airbender. Ma in Boxers e Saints il fulcro del discorso non è solo questo.
Attraverso le prospettive parallele di Bao e Vibiana, l’autore mostra come quando c’è un scontro il bene e il male non stiano mai da una parte sola, e come la polarizzazione e la suddivisione tra buoni e cattivi sia uno schema che non funziona se si accetta di ammettere la complessità della realtà. «Voglio mostrare come lo stesso evento può essere interpretato in modi radicalmente diversi, a seconda della storia personale di chi li vive», ha dichiarato l’autore in un’intervista. Yang ha anche espresso la speranza che questi suoi fumetti «incoraggino chi li legge a cercare in ogni conflitto le ragioni di entrambe le parti». Nell’era di Internet, in cui l’unico sentimento che si prova di fronte a un evento forte come una guerra è un’indignazione tanto assoluta quanto sterile, sforzarsi di comprendere, senza per forza giustificare, le ragioni delle parti impegnate in un conflitto è forse la strada verso una soluzione del problema che stia sul piano della realtà e non solo in un dibattito online. Un suggerimento di cui oggi, in cui la guerra non è più un racconto del passato ma una realtà vicina, dovremmo forse tener conto.