In un periodo storico in cui il mondo va troppo veloce e bisogna a tutti i costi essere perfetti, si rischia di inciampare e farsi molto male. Cinque ragazzi decidono di mettere le proprie difficoltà sotto una lente di ingrandimento e accettano di parlare a Francesca, una giovane psicoterapeuta, di dolori e insicurezze che sembrano incomprensibili. Grazie all’aiuto della psicologa ognuno di loro riesce a capire come si sente, come mai sta così e cosa può fare con quello che prova.
Ecco di che cosa parla Perché sei qui?, il graphic novel scritto da Francesca Picozzi e disegnato da Greta Xella che affronta con garbo e precisione un tema importante come la salute mentale.Vi presentiamo i cinque protagonisti del volume prendendo in prestito le parole dell’autrice e i ritratti dell’illustratrice.
Cáel ha 14 anni, frequenta il liceo scientifico ed è uno studente modello. Un giorno riceve un voto più deludente rispetto al solito, e la cosa gli provoca un attacco di panico. Il tipo di ansia che prova e che lo spaventa ha però una funzione: lo avvisa che qualcosa non va. Che cosa viene a dirgli? Di quale pericolo lo sta avvisando? L’ansia porta sempre un messaggio unico e personale. Arriva per parlare a noi, alla nostra storia, alla nostra pancia. E lo fa in vari modi. Possiamo stare certi però, che, una volta scoperto il motivo per cui l’ansia è venuta a bussare alla porta, tutto acquista un senso, e quella che inizialmente vediamo solo come nemica, diventa una valida alleata.
Noemi ha 20 anni e ha appena ottenuto una meritata promozione a lavoro. Eppure, proprio la sera in cui sta festeggiando la notizia, comincia a perdere l’appetito e teme che siano tornate quelle forme di disturbo alimentare che l’avevano tormentata in passato. Il disturbo alimentare si presenta inizialmente come salvatore rispetto a un momento di difficoltà molto intenso. Sembra poter garantire gioia, felicità e onnipotenza attraverso il controllo – del corpo, delle calorie, dell’allenamento, del digiuno – finché questo controllo non diventa troppo severo, una gabbia da cui non si può più uscire. Noemi però impara grazie a Francesca che se certi dolori tornano a bussare alla porta, non è detto che il lavoro fatto fino a quel momento sia stato inutile!
Teo è un diciassettenne atletico e solare. Frequenta Virginia, la sua fidanzata, alla quale è molto affezionato. Quando però si presenta l’occasione di fare sesso insieme la prima volta, si tira indietro spaventato. La ragione è semplice: si sente schiacciato da quelle aspettative e quegli stereotipi di genere a cui è esposto tutti i giorni, dal contesto scolastico a quello lavorativo, dalle serie tv alle pubblicità. Crede che se non rispetterà certi standard, la ragazza che tanto ama lo lascerà. Riconoscere uno stereotipo è il primo passo per contestarlo e combatterlo: è quello che serve a Teo per riuscire a esprimersi, a vivere serenamente la sua relazione e attraversare questa esperienza insieme a Virginia.
Mirea ha 19 anni, si presenta con un carattere scontroso e diffidente. Vive con la mamma, il suo compagno e il loro bambino, e, a parte il piccolo di casa, non sopporta nessuno. La rabbia intollerabile che sente dentro la porta a mettere in atto gesti autolesivi. Mirea scopre però che non c’è solo rabbia, ma anche l’altra faccia della medaglia, ovvero la tristezza. La profonda tristezza per essersi sentita abbandonata dal padre. L’autolesionismo è il modo in cui cerca di dare forma al suo dolore, cercando di renderlo comprensibile e controllabile.
Cesare ha 24 anni e una tesi di laurea triennale prossima alla discussione. L’avvicinarsi di questo traguardo lo fa precipitare in una grande incertezza, una vera e propria paura del futuro e un forte senso di inadeguatezza rispetto ai coetanei che sembrano avere le idee più chiare di lui. La sua confusione è comprensibile: il mondo corre sempre più veloce e i social ti fanno credere che tutti siano più avanti di te. È come se l’importante non fosse arrivare da qualche parte, ma continuare a muoversi, in maniera da mostrare agli altri che non ci si ferma mai, quindi che non si fallisce. Ma la vita è fatta anche, e soprattutto, di momenti in cui si sta fermi. E fermarsi non significa essere bloccati, o aver fallito!