Open day scuole di fumetto: consigli e segreti di Stefano Santarelli fondatore della Scuola Romana dei Fumetti

Open day scuole di fumetto: consigli e segreti dalle migliori scuole di fumetti per i futuri fumettisti, l’intervista Stefano Santarelli fondatore della Scuola Romana dei Fumetti. 

Intervista a Stefano Santarelli 

 

Perché iscriversi a una scuola come la sua?

Perché si è accolti in un ambiente famigliare, in una “bottega”, in cui insegnanti e studenti sono uniti dalla medesima passione per il disegno e la narrazione. E anche perché gli allievi non devono sottoscrivere alcun contratto, ma sono liberi di abbandonare il corso quando vogliono. Perché ci piace essere scelti ogni giorno.

 

Quali sono le caratteristiche che distinguono la vostra offerta didattica?

La pluralità dei docenti che, tutti professionisti del settore, rappresentano i diversi stili e i differenti mercati nazionali e internazionali. Siamo convinti che oggi, per lavorare, occorra diventare un’eccellenza, ossia avere un proprio stile che solo il confronto con autori diversi tra loro può dare. Inoltre da noi non ci sono esami, che consideriamo una ridicola parodia della scuola pubblica. La nostra scuola accompagna gli studenti ciascuno nel proprio percorso mentre, per fare degli esami ci vogliono dei parametri, degli standard. Che è proprio ciò che riteniamo inutile in un’attività artistica o artigianale come il fumetto. Ex allievi della SRF sono Stefano Caselli, autore Marvel, maestro nelle anatomie e nelle prospettive e Zerocalcare grande narratore e comunicatore. Chi avremmo dovuto bocciare?

Come vengono messi in contatti gli studenti con il mondo lavorativo?

Nel modo più semplice e informale. Ciascun insegnante lavora per case editrici o società di produzione o studi di animazione o videogames. Se c’è un allievo di talento, lo mettiamo in contatto direttamente. E naturalmente lo aiutiamo a preparare il portfolio in modo che sia adeguato alle richieste del possibile datore di lavoro. Quindi il portfolio è fondamentale ma non c’è uno standard.

 

Quale consiglio assolutamente daresti agli studenti?

Divertitevi, uscite la sera e innamoratevi. Insomma fate esperienze di vita perché serviranno a formare il vostro segno e a far crescere il vostro disegno.

 

Cosa gli diresti invece di evitare?

L’ansia da prestazione e lo spirito di competizione. Non servono anzi, sono dannosi. Ciascuno ha il proprio percorso e i propri tempi.

 

Quanto è importante condividere la propria arte, promuoversi e farsi un nome sui social, senza paura di mettersi in gioco?

È importante ma è anche un’arma a doppio taglio. Da un lato, dovresti pubblicare sui social solo quando sei arrivato a un certo livello, altrimenti rischia di essere un boomerang. Dall’altro c’è il pericolo di confondere i like su Facebook con le vendite che, per la verità, non corrispondono mai.

 

Gli artisti diplomati sono seguiti anche dopo la fine del corso?

Gli artisti non si diplomano, mai! Se sono veri artisti evolvono in continuazione. E, come detto, siccome non siamo la parodia di una scuola pubblica o di un’università, da noi gli studenti finiscono semplicemente il corso. Dopo di che, li seguiamo sempre. In 27 anni di attività, per esempio, alcuni di loro sono diventati soci della Scuola, molti altri vi insegnano. Insomma il rapporto non termina mai.

 

Com’è cambiato l’insegnamento con la pandemia?

Nelle lezioni in presenza poco o niente, tranne il fatto che indossiamo tutti la mascherina e sui banchi ci sono dei divisori in plexiglass tra un posto e l’altro. Facciamo però on line tutte le lezioni teoriche come sceneggiatura o storyboard e su questo abbiamo acquisito una grande esperienza e fatto delle scoperte sorprendenti nel corso delle 140 lezioni che abbiamo svolto da remoto durante il lockdown della scorsa primavera. E anche gli studenti si sono abituati, interagiscono come fossero in aula con il vantaggio che, a volte, per farti una domanda, ti mostrano un filmato preso da Youtube!

 

Vuoi aggiungere qualcosa?

Vi sorprenderà, ma siamo convinti che le scuole di fumetto, così come il talento, non siano indispensabili per fare il nostro mestiere. Possono aiutare, ma non servono a nulla se non si ha passione, perseveranza, impegno.

 

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