di Lorenzo Barberis
Vi sono, credo, due modi principali di lavorare col fumetto a scuola. Da un lato, vi è una educazione del lettore, che porta ad analizzare dei fumetti delle più varie tipologie, realizzando magari poi una “scheda di lettura” simile a quelle in voga per i testi letterari, ma anche per l’analisi di un film o di uno spettacolo teatrale. Oppure, specie dove si ha un giornalino di classe o magari di istituto (e magari anche solo virtuale, in forma di blog, pagina, sito internet…), arrivando alla recensione. In questo ambito si possono utilizzare i fumetti più disparati, a seconda dell’approccio che si decida di assumere. Un buon punto di partenza iniziale possono essere i fumetti concretamente letti (o, più estensivamente, comunque conosciuti) dagli allievi, quindi in forma molto libera. L’operazione è curiosa anche perché consente una “campionatura” degli interessi di lettura della classe, senza valore statistico, chiaramente, ma che può costituire una indicazione, in parte, di gusti e scelte da cui partire per ulteriori suggestioni, nell’educazione alla lettura.
Tendenzialmente – ma, è chiaro, ogni classe fa poi storia a sé – si ha negli ultimi anni una netta prevalenza del manga, guidato come avviene dagli anni ’90 in poi dalla disponibilità degli stessi in forma di anime, che formano un primo approccio da cui poi si approfondisce, anche su opere differenti. Inoltre si riscontra un interesse crescente, almeno in una nicchia più appassionata, per il manhwa, il fumetto sud-coreano, anche nella forma dei webtoons.
Un secondo aspetto di questo approccio può essere quello di far leggere fumetti che trattino tematiche importanti sotto il profilo storico, sociale, psicologico, magari connesse a quanto si sta affrontando sotto un profilo più generale in classe. Va detto che questo approccio è utilizzabile in italiano e storia, le due materie a cui faccio ovviamente più riferimento, insegnandole; ma non mancano approcci possibili nelle altre discipline, umanistiche e non. Un fumetto come La bomba di Didier Alcante e altri, ad esempio, che ricostruisce la terribile nascita del nucleare, può essere utilmente visto in storia: ma perché non anche in fisica? Così come in generale la biografia di scienziati a fumetti può costituire uno spunto di allargamento del discorso. Ovviamente, l’ambito umanistico è quello che più si presta a questo tipo di lavoro: e un discorso a parte merita ancora – negli istituti e negli ordini di scuola in cui è presente – arte ed educazione artistica, che può proporre un approccio centrale al fumetto tanto quanto Lettere, affrontandolo dalla prospettiva visuale. In lingua, da sempre si pratica con successo l’uso del fumetto in originale, e materie umanistiche come filosofia, psicologia, religione… possono in parte avvantaggiarsi di approcci simili a quello letterario, fatte ovviamente le debite specificità.
Un testo preliminare importante, per rendere significativo l’approccio al fumetto, è a mio avviso Capire il fumetto di Scott McCloud: proposto a fumetti esso stesso, come arcinoto, costituisce in fondo il paradigma attuale dell’analisi fumettistica, costruita dichiaratamente a partire dagli studi sull’arte sequenziale di un maestro assoluto del calibro di Will Eisner. La comprensione degli snodi fondamentali dell’approccio di McCloud (la closure, il segno, la gestione del dinamismo e del tempo, etc…) consentirà agli allievi di imbastire una analisi più accurata e meno generica (invece del classico “riassunto della trama”, che non coglie spesso le specificità del medium).
Un discorso a parte, infine, merita a mio avviso l’adattamento a fumetti di grandi classici letterari, che dovrà essere quanto più possibile integrativo (per un confronto, appunto, col medium originale) e non sostitutivo dello stesso (in modo esattamente analogo a quanto si propone e teorizza per l’uso didattico del film, in questo ambito).
Ma questo è solo un primo grande approccio al fumetto a scuola: l’altro grande aspetto è la realizzazione vera e propria di un fumetto da parte degli allievi. E a questo proposito Come creare fumetti di Gud, sottotitolato “Guida pratica per scrivere e disegnare storie”, è uno strumento prezioso per questo secondo, e più creativo, approccio al fumetto a scuola.
Gud è un fumettista con alle spalle una notevole esperienza nella proposizione del fumetto in classe. Il libro – che interseca parti testuali con utili e gustosi inserti fumettati, ad opera dell’autore – è pensato nel lessico e nell’impostazione, agile e scorrevole, come guida del lavoro in una scuola tra le elementari e le medie, direi: ma l’approccio esaustivo e rigoroso lo rende, in realtà, uno strumento potenzialmente prezioso anche per impostare il lavoro nel biennio delle superiori.
In qualche modo, dopo alcune pagine introduttive, anche Gud parte – inevitabilmente, direi – dai principi di Scott McCloud e della sequential art, ma in modo ancor più chiaro e semplificato, adatto a un pubblico di bambini o di principianti assoluti. Con un classico “omino a stecco” che gioca a calcio, un gatto domestico e altre situazioni umoristiche ci mostra il funzionamento della closure, lo “spazio bianco” tra due vignette che rende possibile la nascita di una sequenza narrativa disegnata, invitando implicitamente il lettore a sperimentare.
Gud ha un’ottima padronanza del segno cartoonistico, e si vede: ma, al contempo, il suo stile è perfetto perché lascia intuire al lettore la possibilità di avvicinarsi ai comics per una (apparente) facilità di approccio. Non mira a stupire il lettore con effetti speciali di virtuosismo grafico, e invece lo rassicura e lo invita ad avvicinarsi al medium, sfatando apertamente in un secondo capitolo il mito del “fare fumetti = disegnare bene”.
Questo è vero da sempre, ma oggi ha acquisito particolare validità in un successo del “fumetto disegnato male” (ovviamente, disegnato in realtà benissimo, ovvero con piena consapevolezza del medium) che ha visto imporsi, a vari livelli, Davide La Rosa, Sio, Maicol e Mirco sul versante umoristico (che, per la forma breve e l’accessibilità immediata, è un buon punto di partenza al medium, specie nel realizzarlo), e in modo più complesso – e che andrebbe meglio articolato, cosa che qui ora non è possibile – nel fumetto non-strettamente-comico Gipi, Zerocalcare, Fumettibrutti, Zuzu. Autori che, in realtà, hanno picchi di virtuosismi incredibili, alternati però con un segno che Pazienza avrebbe definito “estivo”.
Per certi versi, il fumetto umoristico odierno ha aiutato a superare in parte questo presupposto del fumetto come linguaggio riservato solo al disegnatore professionale, così come la scrittura non è privilegio solo dei grandissimi scrittori, ma strumento quotidiano per tutti per molteplici scopi, di espressione e comprensione della realtà. In questo, un ulteriore interesse per la creazione dei fumetti viene negli ultimi tempi e nelle giovani generazioni dalla memetica, che pur utilizzando prevalentemente immagini preesistenti (anche se si sviluppa dagli oggi superati ma sempre spassosi “rage comics”), è spesso sequenziale. Gud ha però il merito di sviluppare un ragionamento coerente che aiuti il giovane aspirante fumettista a non impaniarsi nella “fossa dello sconforto”: e gli fornisce, immediatamente dopo, i concreti strumenti per capire gli “ingranaggi” del medium.
Acquisita la closure e, di conseguenza, il concetto di strip, si passa ad analizzare in modo basilare e semplice, ma molto chiaro, il montaggio della tavola, e i componenti specifici del linguaggio: il balloon, il lettering, e così via.
Si passa quindi, con questa minima “cassetta degli attrezzi”, che sarà ampliabile in futuro, a una serie di brevi e semplici esercizi. Il merito di Gud, in questo, non molto presente (a quanto posso dire) negli altri manuali fumettistici per principianti, è quello di proporre esercizi molto simili a quanto si propone nell’ambito della “scrittura creativa” più avveduta, non partendo dal “foglio bianco assoluto” ma proponendo esercizi di completamento, di cambio di finale, di punto di vista, di personaggi e così via. Una tipologia di esercizi oggi molto frequente anche sul testo letterario, che ci permette di far lavorare gli allievi sulla narrativa in modo più creativo e più coinvolgente, costringendo di fatto a una riflessione autentica sul testo, immaginando un finale alternativo per Rosso Malpelo o come andrebbero i Promessi Sposi ambientati nel mondo di Star Wars.
Tramite opportuni check box, Gud fa riflettere l’allievo su quanto imparato da ogni esercizio, e lo guida sapientemente dalla sequenza alla strip alla tavola, dandogli man mano tutti gli espedienti per rendere il suo segno più vitale, più espressivo, più autentico, e costringendolo all’attenzione verso gli aspetti tecnici di montaggio, leggibilità grafica, chiarezza narrativa. Il tutto ovviamente però in uno stile divertente che, pur passando informazioni nuove e utilissime a ogni esercizio, mantiene sempre la necessaria leggerezza ludica che può sedurre un allievo verso questo medium espressivo. Completa l’opera una chiara, precisa e utile bibliografia, che può essere strumento per ulteriori approfondimenti.
Il volume di Gud può quindi costituire in sé un approccio sufficiente a questo tipo di linguaggio in una scuola elementare o in una scuola media, da parte dell’insegnante di italiano o di educazione artistica (o, meglio ancora, in una virtuosa collaborazione dei due!). Nel biennio delle superiori il lavoro può forse essere utilmente proposto in modo autonomo a qualche allievo già motivato al fumetto (o che ha fatto un percorso di questo tipo alle scuole medie), e potrebbe tornare estremamente utile nella didattica per rendere particolarmente soddisfacente l’approccio dell’adattamento di testi letti da narrativi a fumettistici.
La cosa è molto utile, perché va a lavorare sulla capacità di scandire un testo in sequenze (secondo i principi della narratologia di Todorov ed eredi, che è l’attuale standard nel biennio delle superiori): competenza richiesta anche nell’analisi letteraria dell’esame di stato (forma che, dal 2019, è divenuta nettamente prevalente, con 5 tracce proposte, variamente articolate, contro due soli temi classici. Almeno fino alla prossima trasformazione).
Un approccio interessante è quello della riscrittura umoristica: sia sotto il profilo del segno (più accessibile che non tentare di imitare, senza mediazioni, un realismo bonelliano) sia sotto il profilo del divertimento, del giocare col testo. Inoltre, la forma comica si presta ottimamente alla brevità (quasi irrinunciabile nei comics: anche se ampi, devono garantire subito numerose soddisfazioni umoristiche al lettore. Pensiamo a Rat-Man, ad esempio) ed è quindi un lavoro più facile da proporre che non un adattamento realistico che necessità di un lavoro più ampio e lungo, giustificabile in scuole a indirizzo artistico ma meno in altre che hanno diverse finalità. Molto divertente è la realizzazione di strip umoristiche che usino i personaggi affrontati in letteratura come protagonisti: oltre agli immarcescibili Promessi Sposi (e qui si potrebbe poi guardare il lavoro di Toninelli: anche su Dante, Tasso, etc.) risultati interessanti si possono ottenere con tutti i classici del canone, dalla Locandiera alla Coscienza di Zeno.
Ma per un lavoro simile, che spesso può dare notevoli soddisfazioni, è indispensabile un gruppo di allievi che abbia una minima scioltezza, anche da affinare, in un linguaggio fumettistico. E, in questo, Come creare fumetti mi pare uno strumento introduttivo ottimale.