Intervista a Sabrina Gabrielli, autrice di Colori invisibili

L’autrice Sabrina Gabrielli, poster artist di fama internazionale, ci racconta qualche retroscena su Colori invisibili, il suo graphic novel d’esordio. Dalla nascita del progetto alla pubblicazione con Tunué: scopriamo il percorso che ha portato sugli scaffali di tutta Italia la storia di Leila, una ragazza che da due anni non vede più il mondo a colori.

Colori invisibili è il tuo esordio nel mondo del fumetto, dove sei stata fino ad ora? 😉

Ma ero proprio qui, nel bar dietro l’angolo a bere un cappuccino! Battute sceme a parte, il mio percorso per tornare nel mondo del fumetto è stato un po’ tortuoso. Ho studiato product design all’università, seguendo contemporaneamente il corso di fumetto alla Scuola Internazionale di Comics a Roma. Dopo aver trovato lavoro in uno studio di design e comunicazione, ho completamente messo da parte matite e pennelli. Ho ricominciato a disegnare nel 2011, lavorando su locandine per eventi musicali. Per molto tempo sono stata solo illustratrice (copertine, editoriali, poster… sorpresine di un famoso ovetto di cioccolato). Solo nel 2019 ho avuto l’illuminazione che sì, mi piace disegnare, ma quello che mi interessa davvero è la narrazione che c’è dietro. Ho capito che voglio raccontare storie.

Come iniziare a fare fumetti? Raccontaci la tua esperienza.

Per me tutto parte dalla storia. Non riesco a lavorare sui personaggi e sulle ambientazioni senza prima avere bene il copione in mente. E poi sono una pessima character designer. I miei studi dei personaggi nascono direttamente sulle pagine del fumetto! Queste sono le tre domande che mi pongo prima di iniziare un nuovo progetto (illustrazione, poster o fumetto che sia): Cosa voglio raccontare? Qual’è il modo migliore per raccontarlo? Qual’è il vero tema della storia? E cerco di ignorare il più a lungo possibile la quarta domanda: perché alla gente dovrebbe fregare qualcosa? Messa così suona tanto cinica, ma durante il processo creativo ci si può dimenticare che il nostro lavoro è soprattutto comunicare, far innamorare, arrabbiare, emozionare il vero protagonista del racconto: il lettore.

Cosa ha ispirato Colori Invisibili?

L’idea è nata per caso qualche anno fa, mentre chiacchieravo con Francesco (mio marito). All’inizio era davvero embrionale: una ragazza che vede in bianco e nero un giorno incontra un ragazzo arancione. Feci un po’ di ricerca sulla percezione dei colori, e scoprii che una patologia che porta a vedere in sala di grigio esiste davvero: l’acromatopsia. Poi ho scovato L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello, dove Oliver Sacks descrive un caso molto simile a quello di Leila. Da lì in poi si è aperto un mondo di informazioni e mille mila possibili soluzioni narrative differenti.

Come disegnare un graphic novel. Quale tecnica hai utilizzato per realizzarlo?

Ho semplicemente usato la tecnica per me più veloce! Rapido disegno a matita, violenta inchiostrazione a pennello, scansione e brutali colori piatti su Photoshop. Candidamente ammetto che ho passato più tempo a scrivere che a disegnare, più ore a rivedere i dialoghi che a passare la china. Quello che mi interessava era dare spazio alla storia ed al suo linguaggio fatto di colori contrastanti, anche a costo di sacrificare il mio “stile”. Non ho disegnato direttamente su tavoletta grafica perché ci avrei messo molto di più: la possibilità di tornare indietro ad ogni tratto mi rende fastidiosamente pignola e lenta. La carta, invece, non è clemente. Ogni traccia, ogni errore, resta lì ad osservarti e a gridarti quanto sei pippa. Ma se proprio ne provo orrore, dopo, c’è sempre Photoshop.

Hai presentato il tuo progetto attraverso la call “Diventa un autore Tunué!“. Raccontaci del percorso dall’idea alla pubblicazione.

Il fatto che ci sia stata la pandemia (e la conseguente cancellazione del 90% dei miei lavori di illustrazione e poster art) mi ha regalato tanto tempo per mettere su carta la bozza di Colori Invisibili. Durante l’estate 2020, con calma, ho disegnato e scritto una decina di tavole. Poi mi sono guardata intorno alla ricerca di una casa editrice potenzialmente interessata. Conoscevo la Tunué per Paco Roca e Stephane Fert (che adoro) e, quando ho letto che valutava nuovi autori, ho messo insieme una presentazione ed inviato. Mi aspettavo quei 5 o 6 rifiuti di fila e invece (sorpresa!) mi hanno contattata. Ho passato i successivi 7 mesi solo a scrivere e a fare bozzetti bruttissimi, ripensando ogni scena, ogni personaggio, ogni dettaglio. Le vere tavole sono nate dopo luglio 2021, ed è stato quasi rilassante: dovevo solo disegnare e colorare!


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