Durante la Guerra Fredda, nel bel mezzo della corsa allo spazio, il 3 novembre del 1957 il satellite russo Sputnik 2 lascia l’atmosfera terrestre ed entra in orbita. A bordo c’è solo Laika, una cagnolina randagia, maltrattata e abbandonata a sé stessa, il primo essere vivente in missione verso le stelle. Un viaggio magnifico e terribile, dal quale non farà mai ritorno.
Pubblicato per la prima volta nel 2007 e vincitore di numerosi premi, tra cui l’Eisner Award e il Premio Micheluzzi, il graphic novel Laika di Nick Abadzis racconta la vicenda di questa cagnolina, inserendola in un affresco storico affollato di uomini che, pur di raggiungere i loro obiettivi e realizzare i loro desideri, nel dilemma tra progresso scientifico ed etica hanno scelto di rinunciare alla propria umanità.
Ecco come l’autore Nick Abadzis racconta il suo lavoro sul graphic novel, nell’intervista realizzata da Jeff VanderMeer per Amazon.com Review.
Cosa ti ha ispirato a scegliere questo argomento particolare per una graphic novel? E perché scegliere una graphic novel invece che, ad esempio, un racconto in prosa?
Sapevo che era una buona storia sin da quando avevo sei anni. Il pensiero di raccontarla mi è sempre rimasto in testa. Nel 2002 sono venuti alla luce nuove informazioni riguardo la missione dello Sputnik 2, in particolare riguardo alla morte di Laika. Quella è stata la scintilla, anche se all’epoca avevo pensato a qualcosa di molto più corto. Si è… espanso. Perché una graphic novel? Beh, i fumetti sono il mio linguaggio. Sono il medium con cui ho più familiarità e mi trovo più a mio agio, per cui è stata la mia prima scelta.
Cosa ti ha sorpreso di più nelle tue ricerche su Laika?
Non avevo idea del fatto che ci fossero così pochi ingegneri e scienziati sovietici che parteciparono al nascente programma spaziale. Sono andati a braccio e hanno avuto successo in gran parte grazie alla grande forza di volontà di Korolev e ad alcune manovre politiche. È stato interessante inoltre scoprire quanto gli scienziati sovietici tenessero ai propri cani spaziali. Anche se una serie di eventi ha reso Laika un passeggero sacrificale per lo Sputnik 2, onoravano davvero i loro cosmonauti canini. C’è persino una statua di Laika a Mosca. Forse questo libro avrà una piccola parte nel ristabilire la sua posizione nella storia: nonostante le circostanze, e le scelte opinabili di quegli scienziati, Laika è stata il primo abitante della Terra ad andare in orbita intorno al pianeta.
C’è stato qualcosa che è escluso dal racconto per motivi di lunghezza?
In realtà c’erano molte cose. Avrei potuto scrivere almeno altre cento pagine. Mi sono preso un po’ di tempo per scrivere la sceneggiatura e realizzare una bozza in formato thumbnail (due cose che di solito faccio contemporaneamente). Quando ho completato questa fase, io e l’editore ci siamo resi conto che il cinquantesimo anniversario dei lanci degli Sputnik era imminente. Quando all’inizio ho proposto l’idea a Mark Siegel di First Second, nessuno dei due aveva realizzato che l’anniversario era così vicino. Era una ricorrenza che non potevamo perdere, quindi ho disegnato il fumetto molto velocemente, 200 pagine in poco più di 8 mesi. Non è un eufemismo dire che è stato estremamente difficile. Quel che abbiamo tagliato è stata una ricostruzione più dettagliata delle origini di Laika, e le scene con Mikhail, il suo primo padrone, erano molto più lunghe… L’idea originale era di realizzare tre libri a fumetti: Laika sarebbe stato il primo, Gagarin il secondo, e la parte finale, che avrebbe collegato tra di loro gli eventi dei primi due libri, sarebbe stata una biografia di Korolev, l’ingegnere a capo del progetto. Poi ho accantonato il progetto, ma gli elementi salienti della vita di Korolev sono stati inseriti nella versione finale del libro.
La storia di Laika è molto triste e commovente. Questo fatto ti ha influenzato nella creazione del graphic novel?
La scelta più immediata sarebbe stato renderla l’ennesima storia sdolcinata e stucchevole su un cane fedele che si sacrifica eroicamente, ma questo non corrispondeva né al mio gusto personale né al sistema sociopolitico e alla cultura che stavo cercando di presentare. Laika, la vera Laika, era una bella cagnolina, come si può vedere nelle fotografie, e ci sono prove a sufficienza che dimostrano che anche i suoi padroni la pensavano allo stesso modo. Non ho voluto antropomorfizzarla, almeno non fino al punto da farla parlare come, per esempio esempio, fa Milù di TinTin. Per renderle veramente giustizia dovevo fare molta ricerca. La componente sentimentale della storia doveva venir fuori solo dalle azioni e dalle parole dei personaggi. Detto questo, in una storia vera in cui i protagonisti sono i cani e i loro padroni – anche se si tratta di scienziati che lavorano a un progetto sovietico che prevede il lancio di cani nello spazio – non ci sia almeno un po’ di emozione. Ce n’è in abbondanza (e spero che il lettore lo percepisca). Ma c’è anche la dura verità del periodo e del luogo, e la convergenza degli eventi che portarono Laika nello spazio.