Il fumetto: narrazione e aggregazione: Gud intervista Elisa Rocchi


Elisa Rocchi giornalista e autrice di libri per ragazzi, a Cesena nel 2005 ha fondato l’Associazione Culturale Barbablu, progetto di promozione alla lettura. Collabora con scuole e biblioteche, organizzando e conducendo laboratori di scrittura, storytelling e fumetto. Si occupa del coordinamento di Cesena Comics – il festival del fumetto per bambini e ragazzi.

 

 

 

Ciao Elisa, anche per te, l’approccio con la didattica del fumetto nelle scuole risale a qualche anno fa, ci racconti la prima volta in cui sei entrata in una classe a parlare di fumetto?

Ciao Gud, sai che la mia prima vera esperienza di didattica del fumetto con bambini di età compresa tra 6 e 10 anni non è avvenuta in un’aula scolastica? Nel 2006, poco dopo aver fondato Associazione Culturale Barbablu, ho deciso di avviare una sperimentazione educativa: il Club del fumetto era un laboratorio pomeridiano che seguiva l’annualità scolastica e, una volta a settimana, mi permetteva di lavorare con un gruppetto di sette bambini decisi a giocare con le storie. Il Club del fumetto è stato uno sprone importante per alimentare la determinazione di Ass. Barbablu a utilizzare la Nona Arte come strumento didattico: durante i primi giorni di attività del Club un genitore si è avvicinato ringraziandomi perché il suo piccolo, che era solito dire “no” a tutte le attività che gli venivano proposte, aveva accettato entusiasta di partecipare al Club. Amava i fumetti ed era la prima volta che aveva la possibilità di condividere questa passione con altri bambini. Per Cesena, la mia città, il Club del Fumetto è stato una novità metabolizzata con relativa lentezza: l’anno successivo, alla fine del 2007, una scuola elementare romagnola decise di accogliere un piccolo e rudimentale laboratorio di fumetto. Si trattava di una attività manuale in cui, oltre a scrivere e disegnare, i bambini costruivano, con carta e colla, il proprio albo.

 

                            

 

Qual è il ricordo che ti porti dentro da quell’esperienza?

Due sono i ricordi che restano vivi di quella prima esperienza in aula.
Il primo riguarda gli adulti (insegnanti e direzione didattica) e la fatica fatta per difendere un intervento di fumetto in classe. Ricordo che nella progettazione che presentai alla scuola dovetti giustificarmi ricordando il D.P.R. 12 febbraio 1985, n. 104, in cui si invitavano i maestri a far elaborare agli alunni le nozioni scolastiche “mediante l’incontro di più linguaggi [e la realizzazione di] prodotti espressivi autonomi come il fumetto, la fotostoria, la diapositiva sonorizzata, la sequenza di trasparenti per la lavagna luminosa, la storia e il reportage televisivo, il film, nonché, molte forme di rappresentazione teatrale (mimodramma, teatro-danza, teatro delle ombre, teatro delle marionette e dei burattini)”. Pensare al 2007 e alla diffidenza nei confronti della mia proposta didattica mi riporta a una città di provincia in cui il fumetto non era mai entrato in aula, anzi veniva volutamente tenuto a distanza perché ritenuto distraente. Quel laboratorio fu una piccola conquista!
Il secondo ricordo riguarda i bambini: in quella classe quarta c’erano 3 lettori accaniti di fumetto e un’altra decina (su un totale di 20 alunni e alunne) che, con più o meno costanza, leggeva Topolino. Il disvelamento del fatto che la lettura dei fumetti li accumunasse fu una sorpresa per molti di loro. Fino al mio arrivo in classe non ne avevano mai parlato.

                                                                         

 È successo qualcosa che non ti aspettavi, qualcosa che ti ha sorpreso?

Rispetto ai bambini del Club del Fumetto che avevano scelto di partecipare alle attività pomeridiane per passione o inclinazione, quando sono entrata in classe ho incontrato un gruppo estremamente eterogeneo. La cosa che mi sorprese fu constatare la potenza inclusiva del fumetto. La possibilità di usare due codici, immagini e parole, diede accesso a tutti gli alunni all’attività che avevo preparato. Il fumetto mi permise di coinvolgere un bambino bravissimo a colorare e nel disegno, ma che doveva ancora sviluppare una solida abilità di scrittura e lettura. Dal momento che se la cavava alla grande con le immagini, fu per lui possibile giocare e lavorare insieme ai suoi compagni. Da quella prima freddissima mattina in classe mi portai a casa la consapevolezza che il fumetto sarebbe diventato la leva principale del mio fare didattica, una didattica che permettesse a tutti di incontrare storie e mettersi alla prova nell’utilizzo di codici differenti.

                        

 

In effetti riconoscere nel fumetto una passione comune è davvero una novità per tanti bambini che di solito socializza più condividendo una passione sportiva, musicale, per i prodotti televisivi o per i videogiochi. Pensare che il fumetto possa essere una passione trasversale e agire come sottofondo gli dà una forza davvero interessante, che viene al basso e che racconta anche di un genere di lettura personale da una parte, ma con un forte potere di inclusione dall’altra.

Mi interessa l’idea di collaborazione a cui accennavi su quel laboratorio, perché è un elemento che è emerso molto anche dopo i miei laboratori. Spesso le maestre e i maestri mi hanno scritto dicendomi che a ricreazione, a gruppetti, i bambini creavano le loro storie a fumetti. Mi racconti uno degli esercizi con cui fai innamorare le bambine e i bambini del fumetto?

Uno degli aspetti del fumetto che amo di più è la capacità di coinvolgere i bambini in maniera naturale e immediata. Penso che l’essere umano sia un ammasso di storie che racconta a se stesso ancora e ancora. Il fumetto, con i più piccini, permette un approccio “istintivo” alla narrazione e allo storytelling. Un approccio che, se accompagnato e guidato, può diventare abilità comunicativa e, cosa ancora più interessante, anche consapevolezza dei meccanismi che dominano le storie delle nostre vite.
Le attività che progetto per i bambini della Scuola Primaria partono dalla convinzione che la cosa principale che occorre allenare per fare fumetti sia l’abilità di “saper raccontare”. I bambini esplorano e si confrontano con questa abilità attraverso laboratori in cui si scrive/narra a voce alta o si disegna, o si fanno entrambe le cose.
Uno dei primi laboratori che ho progettato e che ancora funziona con i più piccoli è quello creato ispirandomi ai libri “Zoom” e “Re-zoom” di Istvan Banyai. Questo laboratorio di alfabetizzazione del fumetto ha come obiettivo quello di razionalizzare meccanismi narrativi a cui ci si approccia in maniera perlopiù inconscia.
I due volumetti raccontano una storia muta che, sfogliando le pagine, in un continuo gioco di zoomate e inquadrature, ci spinge ai quattro capi del mondo e persino più lontano. Pur non trattandosi di un fumetto vero e proprio, guardando i libri insieme ai bambini si esplorano tanti aspetti importanti: dal rapporto immagini e parole (i libri sono muti eppure siamo in grado, con la nostra voce e immaginazione di raccontare una storia) a inquadrature e vignette, passando per il grande mistero del ruolo dell’autore di un fumetto (che, proprio come un regista, sceglie cosa mostrare, quando e come).
Il gioco prosegue consegnando ai bambini un foglio con 6 vignette. La prima vignetta contiene un dettaglio uguale per tutti, un particolare indefinito che potrebbe appartenere alla suola di una scarpa così come alla bocca di un dinosauro o alle zampette di un microbo.
Nelle successive 5 vignette ogni bambino, utilizzando zoom e inquadrature, diventa autore della propria storia immaginando via via a cosa appartiene il particolare e dove collocarlo. Al termine del laboratorio, ogni bambino pensa a un titolo e racconta la storia ai compagni: ogni narrazione è diversa dall’altra, perché lo sguardo di ciascun bambino, in quel dettaglio all’apparenza inconcludente, è stato in grado di vedere la propria personale narrazione.

 

Con la vostra associazione lavorate molto sul territorio e con le scuole, mi racconti il progetto di cui siete più fieri?

Il progetto che Ass. Barbablu ama e amerà sempre alla follia è il Club del Fumetto: è stato il primo corso strutturato che abbiamo progettato e visto crescere con costanza. Dai 7 bambini del 2006 siamo arrivati a creare due turni di corso con 20 partecipanti ciascuno e liste di attesa lunghissime.

Un pezzo di cuore di tutti gli educatori e operatori è per il nostro piccolo e folle festival: Cesena Comics, una manifestazione autoriale (totalmente gratuita per scuole e famiglie) in cui restituiamo alla città, in un allegro clima di festa, il nostro quotidiano lavoro di didattica del fumetto.

Un progetto recente che sta facendo crescere moltissimo l’associazione è la

collaborazione con il Centro di Salute Mentale dell’Ospedale Bufalini di Cesena. Da 3 anni a questa parte stiamo conducendo laboratori di storytelling e fumetto con gli utenti del centro: è una emozione grandissima confrontarsi con creatività “altre” e mettersi alla prova con un target diverso rispetto a quello con cui lavoriamo di solito. La cosa che continua a stupirmi, pur dopo 16 anni di laboratori di fumetto, è quanto questo linguaggio possa rapidamente diventare aggregativo e farsi sperimentale.

 

Un consiglio per le maestre e i maestri che vogliono introdurre il fumetto a scuola?

Negli ultimi anni mi pare che il fumetto sia stato in qualche modo “redento” e che abbia conquistato la dignità didattica che merita. È fantastico imbattersi in insegnanti che desiderano aggiornarsi e formarsi sul fumetto. È fantastico perché questa esigenza parte spesso dalla necessità di capire i propri alunni: scoprire cosa leggono e perché è un buon modo per trovare un terreno comune su cui innestare interventi educativi o relazionali. Agli insegnanti consiglierei, quindi, di continuare ad alimentare la propria curiosità, senza snobismi o categorizzazioni di sorta: il fumetto, in alcune sue declinazioni (demenziale, manga…), non è immediatamente e facilmente abbordabile, ma tutto può essere avvicinato e compreso. Con questo spirito, ogni anno, Cesena Comics propone tante occasioni di formazione e aggiornamento sul fumetto. La curiosità e la volontà degli insegnanti credo sia la chiave per fare del fumetto uno strumento che possa essere utilizzato in aula con costanza.

           

Concludiamo con tre titoli a fumetti per bambine e bambini delle elementari?

– Diana sottosopra, Kalina Muhova, Canicola Edizioni
– Nel paese delle Veramiglie, Camille Jourdy, Arka
– Lettere d’amore da 0 a 10, Susie Morgenstern, Thomas Baas, Edizioni Sonda

 

 

Per la rubrica Una vignetta alla volta Gud dialoga con i professionisti del settore su fumetto e didattica. Scopri  dipiù:

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