di Rachele Bazoli
L’esperienza di giocare in modo spontaneo nel parco vicino a casa o in una strada chiusa laterale accomuna l’infanzia di tutti i bambini e i ragazzi, del presente e del passato.
Vera e propria celebrazione del gioco spontaneo è la miniserie in tre volumi La Banda del Pallone, scritta da Enrico ‘Nebbioso’ Martini e disegnata da Loris De Marco, che racconta di un gruppo di ragazzini che si appassionano al calcio di strada o fut-rua, dall’espressione brasiliana futebol de rua. Praticando questo sport, diffuso in molti paesi del mondo ma non riconosciuto ufficialmente come disciplina sportiva, i protagonisti della storia prendono maggiormente coscienza di sé, dei propri limiti e delle proprie possibilità, sperimentano la forza dell’amicizia e si abituano ad affrontare con prontezza e curiosità tutto ciò che è diverso e inconsueto.
Dinamica, colorata e avventurosa, La Banda del Pallone è una lettura adatta a bambini e bambine che piace anche agli adulti. Abbiamo chiesto agli autori di raccontarci com’è nata questa avventura a fumetti.
Il calcio di strada (o fut-rua) ricalca un’esperienza che probabilmente tutti i bambini e le bambine hanno fatto nella propria vita, un linguaggio universale attraverso il quale siete riusciti a veicolare messaggi di diversa natura, come amicizia, famiglia, inclusione. Cosa vi ha ispirato a scrivere e disegnare questo fumetto?
Loris: innanzitutto la passione per il calcio, che grazie all’influenza di mio padre seguo e pratico da quando ne ho memoria. Sono cresciuto in contesti periferici di una metropoli, i luoghi di aggregazione come parchi, oratori e cortili dei condomini sono stati gli scenari principali delle prime sfide di quello che dopo la stesura di Enrico è diventato il fut-rua.
Nebbioso: Una delle cose belle del passeggiare per le strade della città è che spesso si aprono portoni sui cortili interni, dove bambine e bambini giocano, correndo a perdifiato dietro a questa palla velocissima e inafferrabile. Mi piace fantasticare e mi ci è voluto poco a immaginare gli epici scontri tra questi piccoli eroi, le battaglie per conquistare quel centimetro che basta per vincere, solo per poi sfidarsi di nuovo, ancora e ancora.
Una famosa canzone diceva, più o meno, “escono i ragazzi e siamo noi”. Ecco: a vedere quelle piccole teppe sbuffanti ci si sente subito coinvolti, tifosi e allenatori noi per primi. Volevo raccontare quel sentimento e volevo che fosse un invito a riprendere possesso delle nostre strade, delle nostre città. Spero che insieme abbiamo raggiunto un po’ questo scopo.
Matteo, il protagonista, dà il via alla narrazione creando uno scompenso nel luogo dove si trasferisce: un espediente narrativo che porta chi legge a percepire un prima e un dopo di quel luogo. Quanto è importante prevedere uno “scossone” per dare il via a grandi avventure?
Loris: Tutte le avventure partono con una scintilla, un evento dinamico che cambia l’ordinario e lo trasforma in straordinario. Credo che prevederlo sia quasi impossibile, è fondamentale invece essere in grado di “surfare” l’onda e non farsi travolgere dagli avvenimenti, e Matteo in questo è un fenomeno!
Nebbioso: È essenziale: mettere il proprio di fronte a un conflitto è il primo scalino per farlo diventare “un eroe”. Poi quello del trasloco è uno di quegli eventi che rivoluziona la vita ed è anche una cosa estremamente presente nell’esperienza del lettore, che tende quindi a empatizzare facilmente.
Fin dal principio, poi, avevo previsto lo scontro tra la nuova squadra di Matteo e quella con cui giocava al paesino, anche se le dinamiche sono un po’ cambiate mentre realizzavamo i vari capitoli. Passato e presente che si scontrano per definire il futuro, ovvero chi sarà il più forte, il vincitore del campionato: ci è piaciuto molto fare questi salti nel tempo, espediente che ha caratterizzato decisamente il secondo volume, Le leggende del Fut-Rua.
Il calcio di strada si contraddistingue per un certo fair-play, infatti non sono previsti arbitri, laddove esiste solo uno sport di squadra giocato senza arbitri, ed è il frisbee. È stato facile per voi ricostruire questo aspetto nel fumetto, valorizzandone la bellezza?
Loris: In realtà è stato un pensiero relativamente semplice: ogni gioco improvvisato che coinvolge dei bambini non prevede la figura arbitrale, si tende ad autoregolarsi perché – almeno fino a una certa età – non esiste la cattiva intenzione, e ci si fida anche dell’avversario perché l’importante è giocare! Nei libri poi raccontiamo di un'”Organizzazione” che muove i fili, ma chissà se è frutto dell’immaginazione dei bambini…
Nebbioso: L’“Organizzazione”, se ci fate caso, non si palesa mai per davvero. A volte si manifesta con un bigliettino lasciato da una ragazza misteriosa ed evanescente, altre volte è un bambino troppo piccolo anche solo per seguire il gioco che porta a Misia l’annuncio della sua espulsione. È come se la volontà del pubblico e di tutte le squadre si fosse concretizzata per dirimere le questioni, diventando un’entità molto velleitaria e super partes, frutto dell’accordo non scritto tra i ragazzi e il gioco stesso.
Il character design è certamente uno dei punti forti del fumetto: ogni personaggio ha delle particolarità che lo contraddistinguono e che ne identificano non solo l’aspetto, ma anche la personalità. Qual è stato il lavoro dietro a queste costruzioni? C’è una modalità che preferite seguire quando lavorate insieme?
Loris: Enrico mi ha lasciato giusto qualche guida (i “trucioli pel di carota” di Artemisia, la stazza di Mede), ho avuto la fortuna di avere molta carta bianca nell’ideazione dei personaggi principali. Ho quindi deciso di caratterizzare ogni personaggio assegnando a ciascuno uno/due colori di riferimento, freddi o caldi a seconda del carattere dei soggetti. Il tocco finale è stato scegliere un aspetto che rendesse unico ognuno di loro: gli enormi guanti e il cappello rosso di Matteo messo a rovescio, la folta chioma di Misia che nasconde gli occhioni verdi, la cresta viola di Diomede, le trecce platino di Vania e il doppio maglione con le iniziali per i gemelli.
Nebbioso: Ho lasciato massima libertà a Loris sulla parte visiva. A me interessava che si rispettassero determinate caratteristiche fisiche dei personaggi, caratteristiche che poi andavano a rispecchiare quello che era il loro carattere: i capelli ribelli di Misia, che poi le han portato il nome di Leonessa, per esempio, o la “mancanza di collo” di Diomede che, unita al fatto che è un po’ tonto, ha finito per fargli dare il nomignolo di Senza Testa. È stato emozionante vedere i personaggi che prendevano vita, talvolta diversi da come li avevo pensati ma anche decisamente migliori grazie al tocco del mio socio.
In termini di stile grafico, le scene delle partite di calcio raccolgono a piene mani dalla grande tradizione degli spokon, i manga sportivi, con griglie aperte e linee cinetiche in primo piano. Ci sono dei fumetti che sono stati importanti per voi e vi hanno influenzato nel vostro stile narrativo e illustrativo per La Banda del Pallone?
Loris: Sinceramente sono cresciuto leggendo fumetti tipo Monster Allergy, Ultimate X-Men e le saghe di House of M e Civil War, sul piano del manga conservo gelosamente alcuni numeri di Dragon Ball, ma credo che la maggior parte dei riferimenti spokon arrivino per osmosi dalla visione compulsiva di Capitan Tsubasa (che per me era Holly e Benji) che ho visto e rivisto da ragazzo.
Nebbioso: Quelli della mia generazione sono gli attuali papà e sono tutti cresciuti a pane e Holly e Benji. Non potevamo quindi esimerci dal mettere qualche riferimento (specie nel volume tre L’allenatore migliore del mondo, quando il campionato entra nel vivo). L’idea è che anche i genitori possano godere della lettura insieme ai piccoli, ricordando e cogliendo le citazioni che abbiamo sparso un po’ ovunque… e non solo tratte da spokon.
Attraverso le storie di calcio di strada vengono trattati altri temi importanti come l’amicizia e l’accettazione dell’altro, nonostante i difetti. Sotto questo punto di vista è particolarmente interessante il personaggio di Artemisia, in lotta sempre con tutti, i genitori, gli avversari, talvolta anche con i compagni di squadra. Come è nato il personaggio e come mai avete pensato di svilupparlo in quel modo?
Loris: Artemisia è probabilmente il personaggio che Enrico aveva più chiaro in mente, sotto l’aspetto caratteriale aveva già delle peculiarità e degli spigoli ben delineati, nell’arco narrativo sviluppato in questi tre atti ci serviva una “detonazione interna” che raccontasse i problemi che possono nascere anche in un contesto di amicizia, e Artemisia con il suo temperamento era la perfetta interprete. Il conflitto con la madre poi è un concetto presente in quasi tutte le famiglie – se non lo hai vissuto tu, un tuo amico sicuramente lo ha attraversato – e avere uno scontro tra due personalità identiche ma con delle visioni opposte date da un gap generazionale ha aggiunto un tassello di vita reale.
Nebbioso: Misia è il primo personaggio nato tra quelli de La Banda del Pallone, assieme al fratello. Volevo una bomba a orologeria che girasse tra le pagine, il tipo di elemento che tutti vorrebbero accanto ma che temono anche profondamente. Creare lei è stato come immaginare mia figlia prima che nascesse… ma il fatto che le due si somiglino così tanto nella realtà è pura coincidenza!
Anche i colori hanno una rilevanza importante nella narrazione per immagini del fumetto. Si passa da pennellate piene di luce nelle scene di tranquillità, a vignette con palette dai toni più scuri, come il viola ad esempio. Che ruolo gioca il colore nella dinamicità di questo fumetto?
Loris: Sono dell’idea che il colore abbia un’importanza pari ai disegni stessi, perché alcune sequenze le ho ragionate prima sul colore e poi sulle scene vere e proprie, avendo ben chiaro che tipo di percezione avrei voluto trasmettere. Avere una sensazione di calore in un momento di serenità, o sentirsi a disagio durante un conflitto credo sia fondamentalmente merito dei colori che accompagnano i disegni.
Nebbioso: Non amo mettere bocca sulle questioni di grafica con il disegnatore. Mi interessa il risultato, che sia chiaro quello che il fumetto vuole trasmettere. Lavorare con Loris ha dato una nuova accezione alla cosa: ogni idea, ogni emozione che avevo scritto diventavano inevitabilmente il colore adatto per descrivere una scena o un personaggio. È un maestro su queste cose.
La famiglia di Matteo è formata dalla nonna e dallo zio, perché il papà è lontano per lavoro e la mamma è in ospedale a ecombatter contro una malattia. Nonostante la lontananza dei genitori, Matteo li sente molto vicini e sono proprio loro a “iniziarlo” al fut-rua, tramite i loro diari. Solo nel terzo volume, L’allenatore migliore del mondo, vediamo effettivamente il papà sul luogo di lavoro e la mamma tornata dall’ospedale, che convive con la sua disabilità. Ci saranno nuove storie in cui Matteo si riunirà alla famiglia?
Loris: Come si è potuto evincere fin dalle prime pagine del capitolo uno, Matteo è un ragazzo che non si piange addosso, e nonostante le difficoltà cerca sempre il risvolto positivo. Questo è il motivo per il quale si aggrappa al diario del padre – che raccoglie ritagli e ricordi delle sue partite di fut-rua – così da averlo più vicino possibile. La mamma è malata ma in via di guarigione, abbiamo deciso di non raccontare nel dettaglio quale fosse il problema in modo che più gente possibile potesse immedesimarsi nel loro rapporto. Lo zio “acquisito” (è un amico di famiglia) e quella matta della nonna sono i due riferimenti che accompagnano Matteo nel quotidiano, ma i suoi genitori sono presenti ogni volta che è possibile. Sulle nuove storie chissà, la mamma ora è a casa e potrebbe accompagnarlo nei vari tornei, e prima o poi anche il papà tornerà.
Nebbioso: La famiglia non è necessariamente una questione biologica. Matteo ha avuto modo di impararlo presto. Con mamma e papà distanti per motivi molto diversi, ha preso quello che di buono gli veniva dato, facendone tesoro. L’amico d’infanzia del padre diventa quindi uno zio (o anche qualcosa di più). Gli amici del paesino gli danno il metro su ogni evento della vita, per capire come muoversi, come prendere gioie e delusioni. Anche quando alcuni personaggi sembrano voltargli le spalle, lui non si sente tradito: c’è stato chi non ha capito l’atteggiamento di Teo in questa occasione (non posso dire di più per non fare spoiler) ma lui sa che gli amici restano amici, anche quando non ne capiamo le motivazioni.
Infine, ci sono i ragazzi della sua squadra, croce e delizia della sua nuova vita in città. Tra scaramucce e dissapori vari, formano qualcosa di più di un semplice team: credo si veda bene dal rapporto che viene a crearsi tra i gemelli e Vania o nella gioia che prova la funambola con le treccine quando i ragazzi accolgono le sue madri. E po, Matteo è ancora molto ingenuo e non credo capisca appieno il suo rapporto con Artemisia, ma ci sarà tempo…
Ci sono altri progetti che vi vedranno come team di lavoro nel futuro?
Loris: Ora ho in programma altri progetti personali che mi terranno impegnato per un po’, ma nella vita mai dire mai!
Nebbioso: Ho scritto molte altre storie che riguardano i ragazzi della Banda. Per vederle disegnate da Loris credo che molto dipenderà dall’accoglienza del pubblico. Insomma, se volete ancora vederci far fumetto assieme, fatecelo sapere!