di Rachele Bazoli
Brina è la gattina protagonista della serie di graphic novel scritta da Giorgio Salati e disegnata da Christian Cornia. Le avventure che la vedono protagonista sono ricche di momenti inaspettati, personaggi incredibili e sorprese meravigliose che la faranno crescere. I bambini e le bambine possono immedesimarsi in lei poiché vive molte delle esperienze tipiche dell’infanzia, sebben traslate in forma “gattesca”. Anche per questo motivo, che si amino i gatti oppure no, di Brina è impossibile non innamorarsi.
In occasione dell’uscita del terzo volume della serie, Brina. L’alba all’orizzonte, abbiamo chiesto agli autori di rispondere ad alcune curiosità.
Brina è una micetta affezionata alla famiglia e avventurosa allo stesso tempo. Come è nata l’idea di raccontare alcuni passaggi dell’infanzia attraverso le esperienze di una gatta da appartamento?
Salati: In realtà è nata prima l’idea di raccontare la storia della gatta che scappa di casa. Solo in un secondo tempo, mentre scrivevo il primo volume, mi sono reso conto che in realtà stavo parlando dell’infanzia, delle regole di casa e di come queste possano creare conflitto nei più piccoli. Si sa che i ragazzi si identificano facilmente negli animali. Diciamo che è venuto tutto in maniera piuttosto naturale.
Nel primo volume, Brina e la banda del sole felino, la protagonista decide di seguire un gatto sconosciuto che la convince di non aver bisogno della sua famiglia umana per essere veramente sé stessa e per essere felice. Nel percorso di emancipazione di un bambino o bambina è un passaggio di consapevolezza molto importante. Come mai avete pensato di interpretare proprio questa dinamica attraverso lo sguardo di Brina?
Giorgio: Più o meno nella vita di ognuno arriva il momento in cui ci si sente tirati in due direzioni. Da una parte l’amore per la propria famiglia, dall’altra la curiosità e il desiderio di indipendenza. È un conflitto comune in ognuno, e il fatto che Brina sia una felina domestica ha reso facile parlare di questo importante momento interiore. Perché in fondo i gatti sono proprio così: indipendenti e selvatici ma anche coccoloni e pantofolai.
In Brina, ogni amico un’avventura la micia sperimenta l’amicizia, la condivisione e la lealtà. Temi profondi legati all’attenzione verso il prossimo, raccontati con una semplicità adatta al pubblico di riferimento. Come avete individuato i personaggi più adatti al racconto che volevate scrivere?
Giorgio: Credo di esser partito dagli animali, scegliendo un cast variegato. Dei ratti criminali, un cane disabile, un pappagallo ansioso, un coniglio psicopatico eccetera, e poi ci ho scritto sopra delle storie. Se ne ho la possibilità, cerco sempre di partire dai personaggi.
Christian: Un applauso a Giorgio, che è riuscito a creare un bel gruppo di comprimari per Brina. Alcuni sono venuti fuori molto bene e, come vedrete nel terzo volume, avranno un ruolo ancora più importante; altri, purtroppo, non sono mai andati oltre la fase di bozza. Ricordiamo la povera Iguana, che non è riuscita a uscire dalla prima stesura del terzo volume 😀
La tradizione di storie che vedono i gatti come protagonisti è articolata. I primi che mi vengono in mente sono Gli Aristogatti di Disney, La gabbianella e il gatto che le insegnò a volare di Luis Sepulveda, Leonid di Frédéric Brrémaud e Stefano Turconi. Quali sono le caratteristiche che rendono Brina una gatta speciale e diversa dagli altri gatti?
Christian: In realtà, credo che tutti questi gatti elencati non abbiano nulla di speciale, se non il fatto di incarnare le tipiche qualità feline, come la profonda curiosità e la spontaneità. Brina, inoltre, dimostra un crescente altruismo che le ha insegnato e continuerà a insegnarle il valore delle sue azioni. Nei tre volumi abbiamo anche voluto mostrare una personalità che cresce gradualmente, diventando sempre più matura.
Nel nuovo volume della serie, Brina. L’alba all’orizzonte, di nuovo viene messo in discussione il suo ruolo in famiglia a causa dell’arrivo di un gattino, Zola. La protagonista ha bisogno di un percorso di crescita per capire che può assumere un ruolo diverso all’interno del nucleo famigliare, come sorella maggiore. Anche questa vicenda racconta una dinamica complessa che accade quando arriva un fratellino o una sorellina. Qual è stata l’intuizione che vi ha spinto a lavorare su questa tematica?
Giorgio: Era appena uscito il primo volume, io e Christian stavamo facendo un laboratorio coi bambini in un festival di letteratura. Di solito facciamo creare loro delle storie sui personaggi del libro. Una bambina aveva inventato una storia in cui Vespucci (l’antagonista del primo volume) veniva adottato dai padroni di Brina e coccolato, mentre lei veniva dimenticata. Ho chiesto alla bambina: “Sei una sorella maggiore?” e lei ha sbarrato gli occhi come se fossi un mago indovino. È bellissimo quando i ragazzi usano le storie per esprimere i propri conflitti. Quella vicenda mi è rimasta nel cuore a lungo tempo. Aggiungere un gattino in casa di Brina sarebbe stato troppo presto per un secondo volume, ma per un terzo…
Christian: Le storie di Brina sono, in fondo, anche una metafora della vita di un bambino, con le varie scoperte che caratterizzano il suo sviluppo e formano il suo carattere. Già alla fine del primo volume ci siamo chiesti se introdurre una seconda figura, un fratellino o una sorellina minore, ma abbiamo messo in pausa questa idea per concentrarci sugli episodi del secondo volume. Nel frattempo, Brina è cresciuta, così come i suoi lettori, e nel terzo volume eravamo pronti ad affrontare il caos emotivo che si crea in ogni famiglia con l’arrivo del secondo figlio.
Lo stile di Christian è caratterizzato da personaggi cartooneschi e ben delineati nelle loro caratteristiche fisiche per raccontare già molto della loro personalità. Come avete lavorato sul character design dei protagonisti animali?
Christian: A parte Brina, ispirata a una gatta reale, Daisy, la gatta di Giorgio, per tutti gli altri personaggi ho seguito un processo di esplorazione basato sulle varie descrizioni che mi forniva Giorgio, che delineavano chiaramente i loro tratti psicologici. Partendo da queste descrizioni, ho creato una serie di sketch veloci per verificare se mi avvicinavo a ciò che Giorgio aveva in mente, per poi passare alla versione definitiva. Devo ammettere che, in generale, sono riuscito quasi sempre a centrare l’obiettivo al primo colpo… forse abbiamo faticato un po’ di più con qualche personaggio umano XD.
Entrambi avete lavorato per diverse realtà (Disney, Bonelli, Marvel, Warner Bros, ecc.) in cui siete stati chiamati a interpretare le storie di soggetti e personaggi pre-esistenti. Con le storie di Brina, avete avuto modo di cimentarvi su una vostra creazione. Quali sono le differenze principali tra lavorare con storie e personaggi già esistenti e lavorare con un soggetto di propria invenzione?
Giorgio: Lavorare con personaggi tanto amati e archetipici è un onore e un privilegio, ma anche una responsabilità. Devi rispettare un sacco di limiti legati a infiniti fattori ed esigenze, e devi ricordarti che il personaggio è anche dei lettori, che giustamente pretendono rispetto per una certa tradizione narrativa. Lavorare sui propri personaggi è altrettanto bello, specialmente perché hai molta più libertà. Può essere un’arma a doppio taglio: a volte i limiti e le regole te li devi imporre da solo altrimenti rischi di produrre un’opera che non ha una direzione precisa.
Christian: Quando si lavora su personaggi preesistenti, non si ha sempre molta libertà: è necessario rispettare le linee guida e gli style guide, anche quando si tratta di personaggi ormai iconici e riconoscibili in tutte le loro forme e interpretazioni. D’altronde, è una forma di rispetto sia per il personaggio sia per il suo creatore. Quando lavori su tuoi personaggi, hai una sensazione di libertà, ma come dice Giorgio, è sempre utile autoimporsi dei limiti per non allontanarsi troppo dal carattere del personaggio. Ad esempio, con Brina, anche se può sembrare che si atteggi e pensi come un essere umano, ci siamo imposti che si muova e agisca sempre come un gatto, a quattro zampe, per evitare di cadere in un antropomorfismo che non volevamo.
Nel tempo avete avuto occasioni di incontrare molto da vicino i vostri giovani lettori e lettrici attraverso dei laboratori di fumetto, scrittura e disegno, a scuola o in altri contesti. Quali sono gli aspetti che amate di più di questa attività?
Christian: Adoro la parte dei laboratori, perché mi permette di avere un contatto diretto con i veri amanti del personaggio. I bambini si affezionano a Brina e agli altri coprotagonisti, e vedere la gioia nei loro occhi quando portano a casa la loro versione è meraviglioso. Inoltre, è sempre bello quando i bambini, senza alcun filtro, ti dicono cosa piace o non piace di un personaggio… è altamente costruttivo anche per noi.
Giorgio: Personalmente adoro lavorare con i bambini, perché ti danno tanta energia, e se riesci a divertirli un po’ ti danno molte soddisfazioni. Non tutti hanno una fantasia così spiccata, ma alle volte dalle storie che inventano saltano fuori delle assurdità!
Solitamente c’è un personaggio che i bambini e le bambine amano particolarmente, al di là di Brina?
Christian: Per ora, Atomino, il giovane gattino nero che appare come comparsa nel primo e nel secondo volume… Forse i bambini si immedesimano di più nel gatto giovane. Chissà cosa succederà con Zola 😀
Nel proporre dei laboratori con bambini e bambini, in cosa e come vi aiuta il fumetto di Brina nel veicolare alcuni messaggi?
Giorgio: Quando facciamo i laboratori cerchiamo di non veicolare nessun messaggio, se non il puro divertimento di giocare con i personaggi e con le storie. La mera creatività, se ben incanalata, apre le porte della mente ed educa a una più profonda coscienza di sé.
Parlando invece di Brina come progetto seriale, qual è il suo futuro? Continueremo a leggere le sue avventure? Ci sono già nuove storie nel cassetto da mettere su carta?
Giorgio: Non lo so ancora di preciso, però abbiamo alcuni progetti in mente. Non necessariamente da leggere, però vogliamo che Brina continui.
Christian: Ovviamente vogliamo che Brina continui, e ammetto che non ci dispiacerebbe vederla in altri ambiti narrativi… chissà 😀