Badù. Il nemico del sole – Intervista a Francesca Ceci

A settembre Tunué porterà in tutte le librerie Possiamo essere tutto, la nuova storia di Francesca Ceci in collaborazione con Amnesty International. Una storia che, proprio come Badù. Il nemico del sole, parla di integrazione, accettazione del diverso e discriminazione. Sono temi che crediamo sia importante ricordare ogni giorno e che sono sempre di grande attualità, come purtroppo ci ricordano i fatti di cronaca.

Noi ne abbiamo parlato proprio con l’autrice e le abbiamo fatto qualche domanda sui suoi progetti passati e futuri.

Il tuo primo progetto, Badù e il nemico del sole, aveva come tema di fondo quello dell’emarginazione e della discriminazione, un tema sempre estremamente attuale, come testimoniano gli episodi di Minneapolis. Come pensi sia possibile contrastare questo tipo di discriminazioni?

Ideologie discriminatorie come quella raccontata in Badù – nei confronti delle persone albine, in alcune zone dell’Africa tuttora considerate fantasmi, diavoli o portatrici di fortuna – e quella a cui stiamo assistendo a seguito dell’omicidio di George Floyd in Minnesota sono dovute principalmente a situazioni di ignoranza, nel senso di mancata conoscenza, nei confronti dell’altro, estremamente tenaci e difficili da scalfire. Solo una consapevole disponibilità all’apertura e una conoscenza verso i presunti altri o diversi può costituire un primo passo per contrastare convinzioni radicate da decenni.

Badù sembra mostrare come questo tipo di discriminazione esista da secoli, mentre con il tuo nuovo progetto Possiamo essere tutto vediamo come ancora oggi si parla di “stranieri” e “diversi”: quest’ultimo progetto può essere considerato come la continuazione del lavoro iniziato con Badù?

Badù e Possiamo essere tutto, pur raccontando due storie decisamente differenti, per molti aspetti hanno in comune la persistenza di situazioni discriminatorie che fanno da sfondo ad entrambe, accompagnate da uno sguardo di apertura e dalla volontà di comprensione, da parte dei personaggi, coinvolti direttamente o indirettamente, nei confronti di quanto non funziona intorno a loro. A questo si aggiunge, nell’ultimo libro, il forte tema dell’identità e della costruzione della propria personalità.

Sia Badù che Possiamo essere tutto sono due fumetti rivolti a un pubblico giovane per affrontare tematiche importanti e d’impatto sociale: perché questa scelta? Scorgi un potenziale nel linguaggio del fumetto?

La narrazione per immagini, attraverso il fumetto in particolare, è uno strumento di forte e immediato impatto, soprattutto per tematiche ancora poco conosciute o verso le quali ci si avvicina per la prima volta. Peraltro, è un mezzo che consente un avvicinamento a temi sociali anche da parte di lettori molto giovani in modo probabilmente più agevole. Durante gli incontri di Badù con le scuole è risultato come la maggior parte dei bambini e dei ragazzi non avesse mai sentito parlare della tematica raccontata, ma soprattutto è emerso come il fumetto sia riuscito a farli interessare e appassionare a situazioni così distanti dalla loro quotidianità.

In Possiamo essere tutto ci sono scene e situazioni che in Italia sono state portate anche da altri prodotti culturali: la questione del velo, in particolare, è stata al centro della quarta stagione della serie tv per adolescenti Skam Italia, uscita proprio a maggio di quest’anno. Pensi che finalmente si stia risvegliando l’interesse del pubblico anche più giovane nei confronti di questa questione?

La questione del velo indossato da alcune donne islamiche è una questione che torna ciclicamente al centro del dibattito pubblico. Ricordo le polemiche sulla decisione della Francia di vietare il velo nei luoghi pubblici, e naturalmente la più recente ondata di critiche nei confronti di Silvia Romano, la cooperante italiana rientrata dopo un rapimento di 18 mesi, che ha dichiarato di essersi convertita all’Islam e di aver deciso di portare il velo. Sarebbe bello se eventi di cronaca come questi, oltre a costituire fonte di commenti improvvisati e spesso superficiali, fossero l’occasione per dare spazio ad approfondimenti per capire cosa c’è dietro questo tipo di scelta. Come è stato fatto dalla serie Skam Italia con il personaggio di Sana e come spero farà anche Amal, protagonista di Possiamo essere tutto.

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