Nel corso della serie televisiva, abbiamo imparato ad amare i personaggi di Avatar, siamo entranti in empatia con loro e insieme a loro abbiamo riso, scherzato, pianto e sofferto. Avatar è di certo una serie che presenta una vasta quantità di personaggi complessi, ognuno con un proprio codice etico e una propria morale. Gli autori del graphic: Avatar. The Last Airbender: La promessa Gene Luen Yang, Bryan Konietzko, Michael Dante DiMartino e Gurihiru (pseudonimo per gli artisti giapponesi Sasaki e Kawano) riescono a ricreare la complessità dei personaggi di Avatar in modo naturale, mostrando lati del loro carattere forse prima lasciati in sospeso, ponendo in luce il fatto che, prima di essere eroi, sono esseri umani e, come tali, si ritrovano di fronte a scelte che mettono in gioco il senso morale della vita.
Il binomio morale nei personaggi di Avatar
Tutti i personaggi in Avatar sono creati su un binomio morale dove il confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato è flebile e, talvolta, talmente sfumato da impedire di tracciare una linea netta fra i due. Fare la cosa giusta tipica degli eroi, il comportarsi in modo sbagliato, malvagio, tipico dei cattivi, molte volte si confondono, tanto che colore che reputiamo eroi tendono ad avere comportamenti non sempre giusti né morali, mentre gli antagonisti mostrano caratteristiche che li rendono buoni.
La dimostrazione perfetta di questo binomio è data dai personaggi principali del graphic, Aang, l’Avatar, l’eroe che deve proteggere il mondo ma proprio per questo in conflitto tra ciò che è il suo compito, la sua missione, e il suo vero sé, i propri desideri e ciò che lui ritiene giusto, e Zuko, che dapprima vediamo aiutare Aang nella sua missione e poi cedere al male, sottomettendosi di nuovo al padre.
Aang e il suo essere un eroe non convenzionale
Il nostro protagonista non è perfetto. Non è il classico eroe senza macchia che si comporta sempre giustamente, seguendo i precetti morali com’è giusto che sia, ma è un ragazzino che si ritrova a sostenere i panni dell’Avatar, e con essi, deve portare a termine una missione: ristabilire la pace nel mondo unificando le quattro nazioni.
In tutta la serie televisiva vediamo Aang mettere in primo piano i suoi amici, il suo punto debole, anche se questo significa andare contro i propri principi. Lo vediamo quindi abbandonare il suo addestramento spirituale per salvare un amico o truffare delle persone per ridere insieme agli amici.
Nel graphic questo è ancora più enfatizzato, fin dalle prime pagine. Non a caso il graphic si chiama La promessa. Quello che Gene Yang e gli autori, introducono è un nuovo conflitto morale: quello della morte. Zuko, all’inizio della storia, strappa ad Aang una promessa: di ucciderlo se un giorno fosse diventato uguale al padre. Ecco allora che Aang si ritrova in conflitto con se stesso.
Nella conversazione tra Aang e il precedente Avatar Roku, viene sottolineata ancora una volta la reticenza del ragazzo a uccidere. In fondo Aang ha risparmiato persino Ozai nonostante egli fosse chiaramente malvagio. Come potrebbe quindi uccidere un suo amico?
Eppure la religione buddista lo approva. Sebbene sia peccato l’omicidio in sé, il fatto che una persona chieda espressamente di venire uccisa perché si ritiene un male per la sicurezza degli altri, è considerato eutanasia, per cui moralmente accettato.
Questo quesito è talmente profondo che noi stessi ci ritroviamo a provare lo stesso conflitto di Aang e a porci serie domande. È davvero giusto uccidere sebbene approvato da una religione? È giusto uccidere una persona che espressamente lo ha richiesto? Un quesito etico che pone al centro la nostra umanità, il nostro vivere come esseri umani, perennemente in bilico tra ciò che è accettato dalla società in cui viviamo, e i nostri principi morali, il modo in cui abbiamo deciso di vivere.
Zuko e il suo oscillare tra il bene e il male
In Zuko vediamo il classico conflitto interiore tra il bene e il male che c’è in tutti noi, il volere sempre fare la cosa giusta, anche se questo significa scontrarsi con le persone a noi care.
Ce lo dice lo stesso Zuko: «Dopo tutto il dolore che mio padre ha causato è mio dovere curare il mondo. Rimuoverò le colonie costi quel che scosti.»
La sua risolutezza lo porta a strappare ad Aang la promessa di ucciderlo se si fosse trasformato nel padre. Eppure lo vediamo tradire Aang, preferendo credere alle parole di Ozai, e combattere contro il suo amico. Si tratta di un semplice tradimento o nasconde qualcosa di più complesso? Davvero è così facile, per Zuko, dimenticarsi del legame di amicizia che lo lega ad Aang? La verità è più complicata di quanto appaia.
C’è una cosa strana che secondo Gene Yang accade a Zuko, la stessa che succede anche a noi. Da bambini, tutti noi abbiamo criticato le decisioni dei nostri genitori. Non li capivamo. Crescendo e diventando noi stessi padri o madri ecco che quelle azioni che ci sembravano un’assurdità, acquisiscono un loro senso.
È questo che accade a Zuko. Non capisce il padre. Forse lo odia per il suo comportamento malvagio. Ma rimane suo padre. E in prigione, ascoltando le parole del genitore, si lascia convincere che fosse lui a essere nel torto. Forse Zuko ha semplicemente bisogno di una figura paterna o forse vuole dimostrare di essere un degno figlio.
Il graphic riprende il cammino di redenzione che Zuko aveva portato avanti per tutta la serie animata dove lo abbiamo visto redimersi, mettersi in discussione, imparare dai propri errori e fare ammenda per i propri crimini, cadere ma risollevarsi sempre e comunque. Il suo comportamento, sebbene può sembrare irrazionale, nasconde un forte conflitto interiore, l’incertezza di perdere tutto ciò che si possiede insieme al proprio io, il dovere per forza dimostrare qualcosa e di ottenere l’approvazione di qualcun’altro.
Tutti i personaggi di Avatar lottano contro il destino per liberarsi dalle catene del fato, perché nessuno deve per forza adattarsi al ruolo che la società gli impone: ognuno di noi ha diritto di vivere la vita come meglio crede e nelle migliori condizioni possibili. Il personaggio di Zuko e il suo rapporto con il padre e lo zio Iroh sono proprio la personificazione di questo messaggio: il destino e il fato non sono vincolanti o stabiliti da altre persone, ma possono essere modificati.
Avatar. The Last Airbender è il graphic novel scritto da Gene Luen Yang, Bryan Konietzko, Michael Dante DiMartino e illustrato da Gurihiru. Basato sulle vicende della serie animata statunitense, riprende esattamente dalla conclusione dell’ultima stagione. È una storia che riesce a trasmettere emozioni forti, con personaggi tondi, complessi e umani. Il graphic novel per ragazzi è stato primo per settanta settimane nella classifica New York Times Bestseller.
Avatar. The Last Airbender. La promessa è in uscita il 24 settembre nella collana «Tipitondi».